Georgette Klein – una personalità in continuo movimento
Georgette Klein – Dottore in germanistica, violinista, autrice di diari, tessitrice, scultrice, scrittrice, disegnatrice, architetto, giardiniera, filosofa….
Forse è corretto considerare il “cubo” sulla collina vicino alla Chiesa di Barbengo, così perfettamente illuminato, come l'Opus magnum di Georgette Klein (1893-1963), artista ticinese e di Winterthur. Eppure, uno sguardo attento alla sua vita e alla sua opera mette in luce una versatilità grandissima. Una simile apertura di orizzonti fa emergere l’immagine di una donna, una lavoratrice instancabile, sempre rivolta all’acquisizione di conoscenza sia nella sua opera “esteriore” che nel suo sviluppo interiore; .
Prima di tutto va ricordato che Georgette Klein – dal 1931 Georgette Tentori-Klein – concepì il progetto del “Bau-Haus” per sé e il marito Luigi già all’età di 38 anni. Il periodo ticinese corrisponde alla seconda metà della sua vita. Sinora si è rivolta poca attenzione alla prima parte della sua vita. Questa è però altrettanto ricca di avvenimenti e di opere come la bellissima tovaglia per il museo d’arte di Winterthur o l’attività come direttrice del teatro delle marionette alla “Saffa” di Berna del 1928. Ma andiamo per ordine
La famiglia Klein sul ghiacciaio del Morterat nel luglio 1911 (da sinistra a destra: Marcelle Klein, Louise Klein-Châtelain, Rodolfo Klein, Georgette Klein)
Georgette Klein (nata il 26. luglio 1893) cresce nella borghesia benestante degli imprenditori di Winterthur assieme alla sorella Marcelle, di due anni più giovane.
I genitori fanno avere alle figlie un’istruzione fuori dal comune. Georgette studia germanistica e romanistica, mentre Marcelle storia. Ciò corrispondeva ai costumi dell’alta borghesia di allora. Georgette suona il violino (come la madre) e Marcelle il piano. La musica faceva sicuramente parte della quotidianità famigliare.
Ma l’apparenza inganna. Il paradiso borghese è stretto, l’autostima delle figlie è limitata e un futuro di attività indipendenti e creative non sembra realizzabile. Una situazione tipica per giovani donne intelligenti di quella generazione. Dal 1916 – GEO ha 23 anni – la giovane studentessa dell’università di Zurigo incomincia a riportare i propri stati d’animo in quaderni. Alla fine della sua vita saranno più di 100. Non si tratta di diari veri e propri; da essi non apprendiamo (o comunque solo sporadicamente) che cosa facesse quotidianamente. Malgrado ciò, hanno un carattere “giornaliero”, poiché la scrittrice da spazio alle proprie percezioni, in particolare anche a quelle emozioni che non si è liberi di mostrare nella vita quotidiana e che lei cerca di dominare linguisticamente.
Come avviene spesso negli scritti di persone giovani, sin dall’inizio il tema dell’amore svolge un ruolo dominante.
Voglio esser parte della tua vita come argilla e colore.
Voglio indossare vestiti colorati.
Per te pienterò fiori nel mio giardino. pianterò
Sono il tappeto nella tua casa.
Sono la decorazione sui muri della tua casa.
Sono l’uccello che vola attraverso i tuoi sogni.
Nel 1915 GEO aveva conosciuto “F” (il futuro linguista Frederick Bodmer). Nasce una relazione caratterizzata da molto dolore, sofferenza e desiderio e che non porterà mai a un rapporto vero e proprio; ciononostante, la relazione durò comunque sino al 1958, fino a poco prima della morte di F. a Roma.
Già nel primo quaderno scrive:
Amo un uomo stanco.
Siamo tutti stanchi.
Fuori è la guerra.
“Se due di noi si trovano assieme, non c’è mai una sintesi. Non c’è vita comune a causa del dolore che c’è in noi.”
“In fondo le donne non hanno nessun rapporto con le cose, poiché vedono solo in rapporto a chi amano, vedono solo attraverso l’uomo.”
Solo più tardi comprenderà: “Vi è cosi tanta forza inutilizzata nelle donne.”
Dapprima teme la sterilità, non tanto quella del corpo – da lei chiamata “animale” –, quanto più in rapporto a una possibile produttività. Motivo fondamentale di ciò può essere il fatto che, solo poco più tardi, ella cerca di operare un’inversione perlomeno all’esterno.
Fino al 1919 al centro della sua attività vi sono prima lo studio e poi la stesura della dissertazione sulla vita e l’opera del lirico tedesco Ferdinand Freiligrath (1810 – 1876), personaggio anche impegnato politicamente. Freiligrath era una sorta di Rousseau della Germania del 19° secolo. Egli scrisse e insegnò qui e là, affermò la necessità di una rivoluzione e fu più volte perseguitato, infine rimase molto deluso dall’insuccesso del 1848. Malgrado GEO nella sua analisi si sia concentrata quasi unicamente sulla lirica, lo spirito critico di Freiligrath e il suo rapporto con gli scritti di Marx e Engels deve averla impressionata molto. In quel tempo però una rinascita rivoluzionaria era per lei introspettivamente impossibile. Lei continua a “dilaniarsi” nei propri dispiaceri d’amore.
“Rincaso nei mondi.
In nessun luogo.
Mi sfracellerò e non sarò più.
Né si conosceranno bambini nati da me.
Accorderò il mio violino portandomi appresso molto dolore.…
Andai per molte strade
Cercando redenzione.
Ora le strade son divenute strette
Muri si accostano l’un l’altro. …
Sono dissolta in 1000 mondi
Ti piegherai in cerca di simili frantumi?”
Ma solo un giorno più tardi (13.12.1917):
“in me si trattiene una vita impetuosa, vibra
guaisce e geme
e vuole andarsene per 1000 corpi…”
Parallelamente ai suoi studi letterari – nella sua biblioteca vi sono anche gli scritti di Nietzsche – Geo si dedica intensamente alla musica e al ricamo. Il concetto d’arte appare molto presto nel suo diario ma ancora vi vede– in ciò ancora completamente influenzata dallo spirito del 19° secolo – qualcosa di talmente irraggiungibile, qualcosa per cui sarà all’altezza al più presto nell’anzianità. La musica, l’interpretazione di melodie e ritmi di compositori famosi così come l’artigianato artistico sono per lei (solo) alcune delle possibili forme d’espressione. E ciò niente affatto senza successo.
Va notato che nella Zurigo del dopoguerra il pensiero Bauhaus, che vuole unire arte e vita, aveva mobilitato forze notevoli. Per esempio, nella mostra “La vita nuova” al Kunsthaus di Zurigo (gennaio 1919) fu organizzata una mostra nella quale furono esposte opere d’artigianato artistico assieme a dipinti della scuola cubista ed espressionista. In corrispondenza a ciò vi era un numero elevato di opere di artiste.
Quest’ambiente ha sicuramento contribuito al fatto che GEO, nella mostra del dicembre 1919 “Gabinetto grafico” del gruppo artistico di Winterthur, abbia potuto esporre ben 17 “lavori di artigianato artistico”: “Tappeto su sfondo nero”, “Stoffa ricamata per sciarpa o tunica”, “Cuscino”, “Fascia frontale”, “Collana”, “Cintura” e altro. Per farsi un’idea degli oggetti qui esposti può aiutare una foto fatta in occasione di una piccola mostra organizzata da GEO nella propria casa nella Neuwiesenstrasse di Winterthur.
Con stupore si constata che in questi lavori lei opera in maniera astratta senza fare ricorso a forme ornamentali, esattamente al passo con i tempi. Ciò trova conferma nella “Tovaglia da tavola” nel formato di 118 X 120 cm che ancora oggi si trova presso la collezione d’arte del museo di Winterthur.
Sulla base della presentazione al Gabinetto, il circolo d’arte di Winterthur commissionò alla “signorina dottoressa Georgette Klein” una tovaglia per la tavola rotonda della sala Anton Graff. Questa tovaglia è un capolavoro. L’osservazione accurata mostra non solo quanto lei abbia ricamato in maniera pittorica come sia riuscita a simulare la direzione dei fili come se avesse un pennello, ma mostra anche l’emozionante equilibrio fra forme dinamiche e la diposizione ornamentale degli elementi attorno al centro (non ricamato).
Il fatto che Georgette Klein sia riuscita a raggiungere un livello di composizione contemporaneamente così ricco, ponderato e astratto, tenuto conto che nell’anno precedente aveva ottenuto il dottorato in germanistica, non è riconducibile a nessun tipo di formazione. Ogni donna della sua generazione sapeva ricamare, ma come spiegare tali capacità nella disposizione degli elementi? L’impatto complessivo ha qualcosa di barocco, eppure si percepisce anche un leggero influsso dello Jugendstil. A livello contenutistico si potrebbe interpretare l’”immagine“ come rappresentazione delle forze dei quattro elementi, come un’aura ondeggiante, come campo magnetico, come fenomeno di luce e in molti altri modi ancora. Non ci sono tuttavia indizi per suppore che in quegli anni sia entrata in contatto con le correnti legate alla 4° dimensione e allo spiritismo che erano in voga a quei tempi. Anche i riferimenti a Rudolf Steiner o C.G. Jung non appaiono (ancora) nei suoi diari.
Ad ogni modo è chiaro: se GEO avesse dipinto la stessa immagine su tela e non ricamato su stoffa, con un dispendio di energie assai più grande, si tratterebbe di un’importante opera dell’arte prodotta attorno al 1920. Ma proprio perché e un ricamo e quindi un’opera in cui alla dimensione d’immagine si aggiunge quella relazionata ai materiali e per di più ha anche una funzione d’utilizzo, la tovaglia quadrata è stata, dopo una valorizzazione come parte dell’unità di “Arte e Vita” di breve durata, declassata ad opera di second’ordine come ”artigianato artistico”. Ancora oggi l’opera non è apprezzata in maniera adeguata al suo reale valore artistico.
In quegli anni Georgette Klein studia violino al conservatorio (da Willem de Boer) e viene accettata come violinista nel rinomato Collegium Musicum della città di Winterthur. Più volte si esibisce con l’orchestra sinfonica. Inoltre occasionalmente pubblica considerazioni su arte e storia dello stile nel giornale cittadino.
Queste attività “esterne” si rispecchiano in parte nel diario. “Artigianato artistico per guadagnare tempo per altre attività” – così riporta in un quaderno del 1920. “Predisporsi per una peregrinazione e per la solitudine”; oppure: “Peregrinare" rende audaci”. Fotografie degli anni Venti mostrano GEO, spesso assieme alla sorella o a delle amiche, nei paesaggi di montagna del Ticino, la sua futura casa. Le montagne sono la sua misura, il suo luogo di nostalgico desiderio.
“Senti il giubilare della tessitrice dietro alle montagne?
Sono il ritmo di ampie slitte
Attraverso lunghi giorni di bruno dorato
La terra è blu del riflesso –
Gli alberi spalmano il cielo di verde.
Vado per ripidi sentieri di pietra,
Il vento alle mie spalle soffia via la traccia dei mei passi
Del mio tempo cancella le frontiere.” (Marzo 1923)
Ancora non è pronta. GEO comprende la necessità di separarsi dalla casa paterna, un’intenzione a quanto pare molto osteggiata dalla madre. “I genitori ci proteggono in maniere tale da impedirci di imparare a conoscere e a usare le armi”.
La situazione finanziaria non lascia spazio per una rottura con la casa paterna. Ora però GEO dispone di un atelier in città e lavora molto. Nell’aprile del 1921 visita pure per la prima volta Parigi. Negli anni Venti vari viaggi la portano in molte città dell’Europa occidentale. Centinaia di bigliettini di appunti sull’arte e su vari artisti, montagne di cartoline che raffigurano dipinti famosi, chiese e cattedrali, ma anche di altri edifici, rimarranno per tutta la vita una sorta di antologia – nota bene: molto ordinata – dei più svariati ambiti del sapere.
Dal 1921 Georgette Klein partecipa ai corsi d’intagliatura del legno da Carl Fischer nella scuola di artigianato artistico di Zurigo. Nel diario scrive che il lavoro artigianale le offre la possibilità di superare quello letterario. “Finalmente imparare a giocare”. Carl Fischer (1888 – 1987) era uno scultore figurativo legato alla tradizione d’inizio Novecento. La sua influenza sull’opera di GEO è chiaramente visibile, sia per quanto riguarda il linguaggio formale delle sue prime teste e rilievi sia – anche se in maniera completamente differente – per quanto riguarda il ruolo di Fischer come co-fondatore del Teatro Svizzero dei Burattini (1918 – 1935) e ciò che questo teatro attiva in lei.
Geo crea le prime marionette già nel 1921. Per GEO le marionette, che diverranno più tardi burattini e figure, rimarranno di grande importanza fino alla fine della sua vita. Nel 1921 nascono anche i primi pezzi di teatro per burattini. La formazione come germanista, il suo humor, la sua furberia e il piacere per l’ironia e la satira trovano qui un importante terreno di espressione.
Si può addirittura dire che in questo periodo è annodato l’inizio del fil rouge. Incomincia qui il tentativo dell’artista di approfondire l’essenza dell’essere umano nei suoi svariati tratti caratteriali. Al tale scopo il teatro dei burattini offre a GEO letteralmente un palcoscenico. Un palcoscenico sul quale può far interagire tutti i suoi talenti: Il suo interesse per la forma, il movimento, il linguaggio (letteratura, storia universale), l’architettura, la serietà e la commedia, l’abbigliamento (tessili) e, sopra ogni cosa, il suo desiderio di trasmettere qualcosa di proprio. Spesso è lei stessa, assieme ad altri, la burattinaia; scrive pezzi e crea figure per compagnie di teatro dei burattini.
Marionette del primo periodo
L’impulso positivo che le dà l’integrazione nella scena culturale (“porto vestiti sempre più chiari”), si manifesta parallelamente anche nel diario che non ha mai messo di scrivere. La dura depressione del periodo attorno al 1919 sembra essere superata; essa fa addirittura spazio a una contenuta gioia.
“La mia pena
è imprigionata in sfere di vetro luccicanti.
Sto in piedi su un’alta corda
Sono giocoliere e acrobata
lancio solo ponti di vetro
fra nuvole e cielo e stelle e me
Spavento la notte con i fuochi d’artificio –
come lacrime i razzi rivolano all’indietro
la folla vagheggia e io mi danzo
con sfere di vetro il mio equilibrio.” (6.2.1921)
Per Georgette Klein la concentrazione sul lavoro d’artigianato artistico è un ritorno alle materia prima. Della letteratura scrive: “Siamo da essa così contaminati che in nessun momento possiamo essere sicuri di non ricadervi dentro”. Ciononostante ancora non è chiara la direzione che prenderà. “Nel legno vivo i confini e la resistenza. Nel ricamo si può aggiungere a piacimento e si diventa smisurati.” Quest’ultima frase riesce forse a mettere in luce i motivi per cui nel 1922 decide di imparare a tessere. A tale scopo nei mesi di giugno e luglio dello stesso anno soggiorna a Weybridge nel Sud-Est dell’Inghilterra. La tessitura le servirà da lì in avanti per la creazione di nastri e tappeti a muro, ma anche per la produzione di stoffe per vestiti e altro. Poche cose si sono mantenute, da una parte perché sono state vendute da Georgette Klein stessa, dall’altra perché la casa di Sciaredo, dopo la sua morte nel 1963, cadde in una sorta di sonno fiabesco e gli insetti assalirono i tessuti rimasti, in parte distruggendoli.
Il ritrovamento nel 2012 di due tessitura in ottimo stato nella collezione del museo Bellerive di Zurigo fu un colpo di fortuna. Il museo lì acquistò nel 1922 e 1927 in occasione dell’esposizione annuale rispettivamente a Zurigo e a Winterthur. Esse mostrano, analogamente ad altri lavori e in particolare a fotografie, che nell’artigianato artistico GEO prende spunto dagli ideali del Bauhaus molto più che nell’ambito scultorio. Scrive: “Bisogna dare ascolto alle leggi del legno, perché anch’esse sono cresciute; con la stoffa si può fare quello che si vuole, perché essa è già fatta.” Ciononostante la modernità si osserva anche nelle lampade da tavolo progettate in questo periodo, il cui basamento lei fa fare da Pfeiffer su progetto. La vicinanza con la scuola d’artigianato artistico di Zurigo e la sua appartenenza al “Werkbund Svizzera” sono per lei senza dubbio dei preziosi impulsi. Anche il risveglio dell’interesse per l’architettura ha le sue radici nelle attività e nei viaggi organizzati dal Werkbund. Detto ancora più chiaramente: il suo percorso la porta dall’artigianato artistico all’architettura e dalla letteratura alla scultura. I primi si congiungono nello spazio: “amo le stanze nelle quali vi è ancora spazio per nuovi mobili e quegli uomini che non si sono ancora ritagliati il proprio futuro. Quest’ultimi si ritrovano nel teatro delle figure.”
Nelle poesie e nei testi di GEO emerge continuamente la “danza”. Questa già da qualche tempo non è più semplicemente “allegra”:
“Quante pene ho ballato,
non guardare negli abissi.
Da me si liberano tutte le forze
talvolta così ridicole
mi sono avvitata così tanto su me stessa
Forse eri una stella nella mia vita
ora voglio ridere e sempre ballare
Un unico punto nel cosmo
Quanti dolori ho ballato –
non guardare negli abissi.” (8.8.1918)
Non vi sono indizi per suppore che GEO abbia seguito lezioni di danza (cosa che allora era tutt’altro che fuori moda). Sappiamo però che nel 1904 partecipò a Campo, in Ticino, a un Workshop sul tema “Danze germaniche” – una coreografia per la famosa composizione di Beethoven. L’esperienza del congiungimento di musica e movimento fu per lei certamente molto importante, come dimostra l’accenno a tale esperienza nella piccola autobiografia del 1928. Le numerose foto che mostrano la giovane Georgette Klein al carnevale di Winterthur sono un ulteriore prova. Il travestimento le dava quelle libertà che altrimenti non poteva provare. In un certo senso, ciò vale anche per il teatro delle figure.
Georgette Klein era affascinata dalla danza come espressione del congiungimento fra forma e movimento.
Tante cose viaggiano parallele negli anni Venti: Geo riesce a esporre lavori di artigianato artistico sia al “Gewerbemuseum” di Winterthur sia all’"Exposition des arts appliqués” di Parigi. Purtroppo abbiamo poche date esatte. Anche l’ordine temporale delle marionette è difficile da ricostruire.
Ad ogni modo deve essere riuscita a farsi un nome. Infatti, alla Saffa (Esposizione nazionale svizzera del lavoro femminile) di Berna del 1928, un’esposizione enormemente importante per tante artiste svizzere, è responsabile della sezione per il teatro dei burattini. In quell’occasione fu rappresentata l’opera breve “Il Kadi tradito” di Christoph Willibald Gluck (1714-1787). GEO creò le marionette per questa rappresentazione. I progetti per le braccia e per le gambe, che fece realizzare presso Pfeiffer, sono conservati fino ad oggi. Le teste da lei intagliate sembrano dei ritratti. Inoltre, lei stessa vestì le marionette e, chissà, forse tesse anche i tessuti. Fortunatamente due di queste figure sono state ritrovate nel 2013 presso il Museo delle Marionette di Friburgo grazie al confronto con fotografie d’epoca.5a
Una data molto rilevante è riportata in mezza riga del diario: 16. X. 1927 acquisto casa a Barbengo. La famiglia aveva già da qualche tempo un rapporto stretto con il Ticino e presumibilmente anche l’intenzione di stabilirvisi dopo il pensionamento di Rodolfo Klein da Sulzer a Winterthur. Ciò avviene nel 1930. Già verso la fine del 1928 Georgette Klein decide di prendere domicilio a palazzo Triulzi. Qui stabilisce il suo “Atelier Geo” e mette in scena anche dei teatri di marionette. Il retroscena per questa scelta coraggiosa è, da una parte, legato a un romanticismo – distanza dalla città, ricerca di un luogo per trovare se stessa –, dall’altra anche al tentativo di staccarsi da Fritz Bodmer e di prendere distanza dai genitori. Probabilmente GEO non immaginava affatto (non ancora) che sarebbe rimasta a Barbengo per il resto della sua vita e che tale allontanamento avrebbe portato con sé anche isolamento. In primo piano vi è una GEO che cercava e che quotidianamente si chiedeva: Chi sono, qual è la mia via, come posso trovare lui e con ciò me stessa. Il suo diario è espressione di ciò e Bodmer gioca in esso ancora un ruolo:
“Ogni volta che penso a te, incomincio a cercare in me errori e debolezze... sono timorosa, perché in te mi contrasta un grande pezzo di mondo. Nel tuo cervello ci sono così tanti morti e così tanti palazzi… Un incontro con te è un colloquio con il mondo…. Che esso sia l’inizio del mio canto cosmico?" Nel diario che documenta questo periodo di cambiamento, leggiamo però anche:
“Tu sei iscritto nel cerchio della rinascita – Il tempo arriva fino a te – Lo spazio oscilla, oscilli pure tu. Lo spazio è una grandezza elastica. Hai voglia di impastarlo. Ti volteggia davanti, ti provoca il mal di mare – oppure resta fermo per te e tu lo frusti. Lo spazio è senza confini. Malgrado ciò, con ragione tu tagli un pezzo per la tua misura. Rosso, si sfrega sulla ripidità delle case il mio malessere”.
Oppure anche:
„La musique n’est pas pour moi un plaisir sensuel, c’est une éducation de l’esprit. La musique est une forme de vie, où le fluide est presque impossible à emprisonner. C’est pour cela aqu’elle m’aide beaucoup à retrouver et reconquérir le fluide vital.“ 6
A questo punto va riportato un aneddoto romantico nella vita di Georgette Klein: Si vocifera che nel 1929 Georgette Klein sia caduta da una scala e che un certo Luigi Tentori, elettricista di mestiere, l’abbia portata in braccio dal medico. Sempre secondo la leggenda, in tale occasione ci sarebbe stata la “scintilla” d’amore.
In effetti, i due si incontrano e si scrivono quasi ogni giorno, in particolare nell’estate-autunno del 1930, periodo in cui GEO partecipa a un corso di giardinaggio e orticultura a Yverdon-les-Bains di più mesi. L’amico, più anziano, assai più pragmatico e radicato nella vita, le consiglia di mettere da parte la sua insicurezza e di godersi la vita.
È nelle ore passate in comune che deve essergli venuta l’idea di costruire una casa sulla collina vicino alla Chiesa – il terreno era di proprietà dei Tentori – nella quale avrebbero potuto vivere insieme. Nacque così la casa-atelier di Sciaredo.
Georgette Klein progetta l’edificio, orientandosi alle visioni del Bauhaus, in una libertà che cavalca il fuoco di una visione futuristica. Nei viaggi con il Werkbund e grazie ai contatti con architetti di Winterthur aveva imparato il linguaggio formale ed era anche in grado di pensarlo in grande e di metterlo in pratica. Tentori, radunati i suoi colleghi, nel 1932 edifica con loro la casa. È un bene che allora in Ticino non era ancora necessario richiedere un permesso per ogni cosa… e che dovevano essere rispettati degli standard neanche minimamente equiparabili a quelli di oggi. Così poté nascere in maniera meravigliosa la prima residenza in stile Bauhaus del Ticino. 8
Nei primi testi si è spesso fatta dell’ironia sul rapporto della intellettuale di Winterthur, figlia di un imprenditore, con l’artigiano Ticinese Luigi Tentori. Ci si è chiesti addirittura, con una certa dose di moralismo, se non si trattasse magari di un matrimonio di convenienza attraverso il quale GEO poteva permettersi di staccarsi dai genitori; un matrimonio che portava con sé un terreno per la costruzione della casa dei suoi sogni. Questa lettura unilaterale è sbagliata. Senza volerla negare completamente, necessità di una chiarificazione.
GEO bramava il proprio polo inverso, si trovava discordia con la propria intellettualità e nell’artigianato artistico cercava già da anni un’alternativa a teorie senza linfa vitale. Lei ammirava Tentori per quest’altra e diversa parte.
Scrive nel suo diario: “Luigi sembra conoscere perfettamente i confini oltre i quali il lavoro non da più piacere e diventa invece una prestazione, cioè quando il piacere nel lavoro soccombe per la troppa ambizione. Lui sa come fare a non superare tale limite.”
Anche l’idea di un amore platonico è confutata oltre ogni ragionevole dubbio nel diario; ma ancor più delle parole parlano i disegni per i quali Tentorì posò.
L’edificazione di Casa Sciaredo e il matrimonio portano con sé una separazione dai genitori ma non una rottura definitiva. Infatti, alcune foto di un periodo più tardo mostrano GEO in compagnia della famiglia, anche se sempre senza il marito. Soprattutto la madre, infatti, non aveva mai accettato la relazione. Ad ogni modo dopo il matrimonio Georgette firma sempre Georgette Tentori-Klein. È la ricezione tarda del suo lavoro e della sua persona che tralascia sempre più la sua parte Tentori.
I due non avranno mai bambini - Georgette Klein avrebbe voluto, ma nel 1932 aveva già 39 anni. Le numerose sculture raffiguranti madre e bambino che nascono negli anni a venire manifestano la rilevanza del tema per l’artista.
L’atelier nella casa Sciaredo così come la nuova situazione di vita danno uno stimolo non indifferente alla produttività di GEO. Nascono una serie di marionette, più tardi burattini, ma anche diverse sculture di legno e lavori tessili. Nei lavori tessili però non mostra più di avere una pretesa artistica, ma si concentra piuttosto sui tessuti d’uso. Ciononostante, nell’ambito della moda – fino agli anni Cinquanta confeziona vestiti per amici e parenti – mantiene la propria visione concettuale di “libertà” del vestito. Anche per i burattini continua a preparare i vestiti in corrispondenza ai loro caratteri. Fra i lavori scultorei vi sono in primo piano le teste di burattini; a volte vi sono anche dei ritratti; talvolta le sculture sono ricche di plasticità, a volte dei bassorilievi. I soggetti variano: ci sono singole teste, le rappresentazioni di madre e bambino; ci sono anche le “sorelle”.10
Georgette Klein «Madre e bambino », non datata (attorno al 1939) | Georgette Klein «Testa» non datata (attorno al 1935) | Georgette Klein «Sorelle» non datata (attorno al 1940)
Non sappiamo fino a che punto GEO stessa comprendesse i propri lavori scultorei come “Arte” in senso proprio o piuttosto come artigianato artistico. È accertato invece che vendesse i propri lavori per lo più facendo capo a canali di vendita legati al mondo dell’artigianato artistico. Era in rapporto con diversi “Heimatwerk” o negozi affini nei pressi di Morcote, di Lugano, di Ligerz (Atelier Geiger-Woerner) e dei Gewerbemuseum di Winterthur e Zurigo. Già nel 1932 GEO affitta la sala Kursaal di Lugano per proporvi le proprie opere in un’esposizione. Diventa poi membro del Club Lyceum Lugano e vi espone i propri lavori.
Teste d’argilla di Georgette Klein
Le teste documentano il suo interesse per l’essere umano, per l’espressività del volto quale allegoria del carattere. Le sue osservazioni nel diario sfociano sempre nella contrapposizione fra individuo e collettivo. Secondo GEO bisogna avanzare dal singolare e particolare al generale e universale, spogliare il personale per cogliere l’essenza in un senso continuativo.
Qui le sue ambizioni artistiche si sovrappongono chiaramente a quelle personali. È anche chiaro che si tratta di riflessioni artistiche. Con i suoi lavori lei avrebbe potuto benissimo cercare l’accesso a gallerie e all’arte, ma da una parte non si sente ancora pronta, dall’altra lo status di artigianato artistico le permette di lavorare con una certe dose di ripetitività. Sono in particolare le rappresentazioni “Madre con bambino” che riscuotono un certo successo (cioè: vendono), per cui le boutique vengono rifornite corrispondentemente. Viene comunque da chiedersi se gli artisti, in fin dei conti, non facciano esattamente la stessa cosa. Diventa più evidente la posizione d’artigianato artistico quando GEO, su richiesta dei suoi acquirenti, incomincia a produrre figure e intere rappresentazioni presepeali. Sul piano stilistico lei trasforma il soggetto in continuazione, tenta di svilupparsi artisticamente, ma la produzione appartiene chiaramente a quella zona d’intersezione fra arte e artigianato artistico.
Osservando le figure dei suoi presepi si percepisce che non si tratta di rappresentazioni religiose della nascita di Gesù, ma piuttosto di rappresentazioni degli uomini che vi partecipano. La religiosità di GEO è da considerarsi più vicina a un cosmo panteistico, anche se negli anni Cinquanta diventa sempre più forte l’influenza della tradizione e delle correnti di fede orientali (il che corrisponde al clima culturale dell’epoca).
Per situare l’opera di GEO bisogna tenere in considerazione il tempo in cui vive. Negli anni Trenta, l’arte moderna non era molto rappresentata in Svizzera – anche se nel 1963 ci fu una mostra dal titolo “Problemi attuali nell’arte svizzera” („Zeitproblemen in der Schweizer Kunst“), nella quale per la prima volta furono esposte le opere dei “concreti zurighesi” da una parte e dei “surrealisti” dall’altra.
Il desiderio di rinnovamento è però condiviso solo da una piccola parte del pubblico. Nella pittura il post-impressionismo è e rimane predominante, così come nella scultura il figurativo con qualche moderata forma espressiva. Che Wilhelm Lehmbruck – forse anche Käthe Kollwitz – fossero importanti per Georgette Klein, emerge chiaramente dalle sue opere. Lei stessa non è una pioniera. E a Barbengo, lontano dai centri urbani, vengono a mancare gli stimoli esterni. GEO legge molto, in particolare la Neue Zurcher Zeitung, e ritaglia tutti gli articoli della sezione culturale che le sembrano rilevanti, organizzandoli in gruppi tematici. L’NZZ era però tutt’altro che un giornale progressivo e contribuì indirettamente a fissare lo stile dei lavori di Georgette Klein, già fortemente influenzato da quello dei primi decenni del 20. secolo. Parallelamente al suo lavoro scultoreo, Georgette Klein si dedica intensamente al teatro dei burattini. Incomincia sempre più a riflettere, anche sul piano letterario, sulle possibilità d’espressione di questa specifica forma di rappresentazione.
Che cosa è l’improvvisazione, cosa l’ironia, si domanda, e studia i caratteri della “Commedia dell’arte” italiana. I bambini del paese di Barbengo testano con lei la prassi. Con i suoi pezzi si esibisce al Club Lyceum di Lugano, ma anche in altri luoghi; ciò in particolare nel periodo in cui frequenta la giornalista di teatro e burattinaia zurighese Olga Glor (1913-2001), anch’essa domiciliata in Ticino. Ci fu pure un intervento sulla teoria del teatro delle figure, il quale apparse nel 1954 nella “Schweizerischen Theaterzeitung”. In particolare, è notevole il modo in cui GEO integra nei suoi pezzi, parallelamente alla storia narrata, le reali circostanze del teatro delle marionette.
È solo grazie a un colpo di fortuna che 25 figure sono rimaste unite in una raccolta di proprietà dell’artista e burattinaia zurighese Elisabetha Bleisch. Suo padre – anche lui, fra le altre cose, un burattinaio – le aveva acquistate a più riprese a Morcote nell’arco di diversi anni. Se confrontate con le prime marionette, esse testimoniano la grande professionalità raggiunta da GEO nel dare alle figure espressività, nel conferirgli gestualità propria e – come attesta Elisabetha Bleisch – anche nella funzionalità. Grazie a un altro colpo di fortuna, la fondazione è venuta a conoscenza della presenza di una dozzina di marionette nell’eredità di Olga Gloor. Infine ma non da ultimo, nel 2013 è emersa la presenza di altri sei burattini presso la collezione del Landesmuseum di Karlsruhe, che furono acquistati nel 1960 ad un’esposizione al prezzo di 50 franchi al pezzo.
Quanto fosse importante per lei l’espressività dei volti delle figure, si manifesta in particolare nelle numerose teste d’argilla che GEO confezionava come sorta di schizzi per le figure. Ci sono i cattivi, gli astuti, i gloriosi, i demoniaci, gli stupidi, gli ingenui, i vanitosi, i semplici e molto altro ancora.
Già negli anni Venti, Georgette Klein scrive nel suo diario: “Mangiare vegetariano”. A quanto pare ciò perdurò negli anni, cosa che ha probabilmente dato corpo all’aneddoto secondo cui Luigi Tentori ogni tanto si sarebbe “rifugiato” dalla madre per mettere sotto i denti un bel pezzo di carne. Che i due vivessero in modo autonomo, traspare anche dai diari. Luigi costruì per se il cosiddetto “Grotto” già nel 1932. Quest’ultimo, soprattutto dopo il suo pensionamento dal mestiere di elettricista (1940) e nel corso dell’alternante decorso della sua condizione psicologica (a partire circa dal 1948), gli serviva come rifugio. Luigi Tentori morì nel 1955.
Il giardino di Sciaredo fu per lungo tempo caratterizzato dalla vigna, ma con l’aumentare dell’interesse di GEO per l’alimentazione naturale, il giardino, le piante, erbe aromatiche e spezie, il terreno si trasformò vieppiù in un giardino colmo di frutta e verdure. Nei quaderni Georgette Klein annota le proprie osservazioni e scoperte, disegnando anche molto. In ciò si manifesta il suo desiderio di non perdere mai di vista la situazione globale, la visione d’insieme – vuole configurare la casa, il giardino e la natura rigogliosa come un unico cosmo.11
Dopo la morte di Luigi, Georgette sboccia nuovamente; la sua opera scultorea trova un dispiegamento senza precedenti e a partire dal 1960 fino alla sua morte nel 1963 si delinea una vera e propria “opera matura”. Sembra quasi che Georgette sia divenuta consapevole del fatto che fosse giunto il momento di creare finalmente dell’”Arte”, che doveva avanzare verso un linguaggio formale consacrato solo a contenuti puramente spirituali.
Le cose dovevano crescere da sé, ma contemporaneamente simboleggiare le leggi della natura. Ora più che mai GEO ricorre al diario per dare forma ai pensieri sulla propria arte. Non meravigliano i riferimenti a C.G. Jung, poiché ambiva già da sempre al distacco dall’individuale al collettivo, che domina - come motivo originario - il tempo presente.
“ In origine è tutto soggettivo; diventa sempre più oggettivo quanto più lo abbiamo allontanato da noi, cioè quanto meglio lo possiamo osservare … i cinesi, Johann Sebastian Bach, C. G. Jung – queste sono le guide … bisogna portare a un equilibrio visibile da fuori ciò che è interiore, ciò che è ancora sconosciuto e caotico … così, ora, si è disposti a non perdere più tempo. Questa è la nuova intensità. La maturazione del frutto che deve cadere. Connessa alla conoscenza, la consapevolezza di poter fare qualcosa, il che fa immensamente bene. Nell’uno c’è una imperturbabilità mai avuta. Cosa si può già fare, prima dei 50 anni? Certo, non ancora i contenuti della vita … Probabilmente si perviene alla conclusione che non esistono quelle che comunemente chiamiamo “idee” (riferite a un lavoro artistico), tuttavia: si comincia da un punto e si lavora da quel punto in poi. Dipende da quanto si riesce ad andare in profondità, fino al punto in cui si raggiunge quella zona dell’inconscio da cui scaturisce qualcosa di nuovo.”
Il diario del 1963, cioè quello corrispondente al 70esimo anno d’età, è probabilmente il più bello di tutti: “ Io sono roccia e il mio “essere umano” si scioglie con essa – prima si trattava solo di una forza elementare – non devo addomesticarla, solo accarezzarla. Ogni accostamento deve accadere con prudenza… Non devo distruggerla, solo camminargli accanto. Fraternizzazione. Queste sono le pause nel lavoro, in cui matura nell’inconscio.”
Nel settembre del 1963 muore Georgette Klein; un conoscente la trova morta accasciata sulla scala davanti a casa. Probabilmente a causa di un infarto.
1 La data esatta del decesso non è conosciuta.
2 Lettere e poche foto ne sono una testimonianza.
3 Conformemente a un resoconto dell’associazione d’arte sulle collezioni, sulla biblioteca e sulle mostre fra l’aprile del 1920 e la fine di marzo del 1921. È interessante il fatto che, con Richard Bühler (1879-1967), in questo periodo l’associazione abbia come presidente un imprenditore dell’industria tessile, una persona sicuramente interessata al lavoro di artigianato artistico tessile.
4 Il teatro delle marionette era fiorente sin dai primi anni del secolo, in particolare nella scuola di artigianato artistico di Zurigo. Esso permetteva di sperimentare con il teatro moderno in uno spazio limitato. Molti artisti importanti crearono marionette qui, in Germania e altrove – si pensi, oltre a Carl Fischer, a Sophie Täuber Arp, Otto Morach, Oskar Schlemmer, Paul Klee, Fernand und Elsi Giauque e altri ancora. La giornalista e grande conoscitrice del teatro delle marionette Hana Ribi ha mostrato molto bene l’influenza di questo movimento sull’opera di Georgette Klein in una conferenza (Aprile 2013).
4a Le fotografie del periodo attorno al 1925 dimostrano in che misura Georgette Klein, anche nel modo di cucire i propri vestiti, si sentisse legata al Bauhaus. Fino a tarda età mantenne lo stile dai larghi abiti (in compenso con tante pratiche tasche).
5a In precedenza le figure erano state attribuite al burattinaio Jakob Flach (1848-1982), il quale fu a lungo direttore del tetro delle figure di Ascona. Come Georgette Klein egli era originario di Winterthur. Nel 1953 Goergette Klein gli aveva lasciato in eredità una parte delle suoi burattini.
5 Saffa è il diminutivo per „Schweizerische Ausstellung für Frauenfragen“
6 Dal 1928 i diari diventano bilingue; più tardi, assieme all’italiano, trilingue.
8 Si veda a tale riguardo il testo di Willi Christen sulla pagina web e quello dell’architetto ticinese Lukas Meyer nella rivista “Contesto 1”.
9 Ancora oggi non è del tutto chiaro, quando Geo passa dalle marionette ai burattini. Probabilmente ciò avvenne nel corso degli anni Trenta.
10 Purtroppo nel lascito non vi sono sculture di legno che possano essere attribuite con certezza agli anni Trenta, perciò la valutazione si basa unicamente sulle fotografie.
10a Si tratta di un pezzo francese del 1946/1947 soprendentemente emancipato, pervenutoci come rotolo con inserite delle immagini, che narra di una “femme malheureuse“. La protagonista ha in nervi a pezzi e vuole divorziare dal marito, il quale non la apprezza come dovrebbe. Dopo essersi “rabbellita”, chiede consiglio prima a un avvocato, poi a un’amica, ma entrambi non mostrano nessuna comprensione. Quest’ultima la manda in un nuovo negozio americano, nel quale è possibile farsi riprogrammare l’anima, per esempio trasformandola in un pesce o per darle una colorazione irrealistica… Ma alla protagonista tutto ciò appare troppo complicato e insicuro. L’unica cosa che le rimane è il suicidio. La venditrice però, laconicamente, le fa notare che ciò è proprio quello che un burattino non può fare…
11 Si veda a tale riguardo il testo sul giardino nella presente pagina web.